sabato 7 gennaio 2012

Stefano Boeri

Stefano Boeri (Milano, 1956), è un'architetto italiano. Dal 2004 al 2007 è stato direttore della rivista internazionale “Domus”, da settembre 2007 dirige la rivista internazionale “Abitare”. Professore di Progettazione Urbanistica presso il Politecnico di Milano, Boeri ha tenuto corsi e lezioni come “guest professor” in varie università.
E’ fondatore del gruppo “multiplicity”, agenzia di ricerca dedicata allo studio delle trasformazioni territoriali e delle forme di osservazione e rappresentazione della città. Coautore di diversi volumi, quali  Mutations (Actar, 2000), USE (Skirà, 2002) e Cronache dell’Abitare (Mondadori, 2007).
Insieme a Richard Burdett, Jacques Herzog e William MacDonough, Boeri fa parte della Consulta Architettonica incaricata di sviluppare le linee guida per le trasformazioni urbane che verranno attuate nella cornice del grande evento internazionale dell’Expo a Milano nel 2015.
Con base a Milano, Stefano Boeri Architetti (Stefano Boeri, Michele Brunello) è dedicato alla ricerca e pratica dell’architettura e urbanistica contemporanea.


Fonte:
www.stefanoboeri.net

Bosco Verticale di Stefano Boeri

Il Bosco Verticale è un progetto di forestazione metropolitana che contribuisce a rigenerare l'ambiente e la biodiversità urbana senza implicare una espansione della città nel territorio: un nuovo modello di densificazione in altezza del verde e del costruito all'interno della città.


Il Bosco Verticale si collega alle politiche di riforestazione e rinaturalizzazione dei margini delle grandi aree urbane e metropolitane (i cosiddetti metroboschi): due modi per ricostruire un rapporto tra natura e città.
Il primo esempio di Bosco Verticale, composto da due torri di 110 e 76 metri, verrà realizzato nel centro di Milano all'interno del progetto Porta Nuova, ai margini del quartiere Isola, formando, insieme alle altre torri e ai numerosi interventi di urbanistica previsti, un esempio unico in Italia. Le torri ospiteranno 900 alberi (alti fino a 8 metri) oltre a numerosi arbusti e piante floreali. In termini di quantità di alberature il Bosco Verticale a Milano equivale a una superficie boschiva di circa 10000 mq. Se fosse distribuita sul territorio l'area equivalente in villette unifamiliari sarebbe pari a 50000 mq.













Il Bosco Verticale è un sistema che ottimizza, recupera e produce energia; aiuta a costruire un microclima e a filtrare le polveri sottili nell'ambiente urbano. La diversità delle piante e le loro caratteristiche producono umidità, assorbono anidride carbonica e polveri, producono ossigeno, proteggono dall'irraggiamento e dall'inquinamento acustico, migliorando il comfort dell'abitare risparmiando energia.
Il Bosco Verticale sarà quindi in grado di costruire un vero e proprio microclima che produce umidità e ossigeno; inoltre, assorbendo gli inquinanti, costituirà un polmone verde all'interno della città.
L'irrigazione delle piante avverrà per larga parte attraverso un impianto centralizzato di filtrazione delle acque grigie di scarico. Inoltre una superficie di 500 mq di pannelli solari e sistemi che usufruiscono dell'energia geotermica sono solo alcune delle innovazioni ecocompatibili che presenta il progetto.











La gestione del verde nel Bosco Verticale sarà centralizzata e affidata ad un agenzia che avrà uno sportello aperto al pubblico.
L'arretramento degli edifici rispetto alla strada consentirà la creazione di un grande marciapiede arredato. Inoltre le torri saranno alleggerite alla base, dove si aprirà una piazza pedonale coperta. Il progetto prevede anche la realizzazione di spazi collettivi con piscina e palestra.


Boeri Studio ricorda che l'ispirazione per edifici così "verdi" affonda le sue radici nei palazzi tipicamente milanesi dell tardo Ottocento, le cui facciate sono ricoperte di edera o i cui piani alti sono ornati da terrazze fiorite. Nel caso del Bosco Verticale, però, le soluzioni costruttive hanno richiesto numerose e approfondite ricerche e test sui materiali che permettessero la realizzazione di un progetto tanto sviluppato in altezza e che si scontra quindi con le problematiche legate al peso della terra necessaria per impiantare gli alberi e ai venti che possono spirare anche piuttosto forti. La presenza della copertura "boschiva" permetterà anche un mutamento continuo della "pelle" esterna dell'edificio a seconda della stagionalità e della conseguente modificazione del colore delle foglie.









Il Bosco Verticale si pone quindi come un esempio di green building che cerca nuovi modi per conciliare l'esistenza umana con quella del mondo naturale.



Fonti:
I Maestri dell'Architettura. Stefano Boeri, Hachette.

Michel Corajoud

Michel Corajoud (Annecy, 1937) è uno dei maestri del paesaggismo contemporaneo francese; paesaggista e urbanista; professore alla Scuola Nazionale Superiore di Paesaggio di Versailles, Gran premio del paesaggio 1992. Nel 2003, Michel Corajoud fu il primo paesaggista vincitore del Gran Prix de l’Urbanisme, per il suo lavoro sui giardini pubblici a scala umana.
La sua concezione dell’urbanistica si fonda sull’integrazione nella vita di tutti i giorni e sul rispetto del paesaggio.
La sua opera punta ad una sintonia tra natura e città, o suburbanità, muovendosi all’interno di una composizione spaziale generale ordinata in applicazione dei più tradizionali principi geometrici.
I suoi progetti per parchi urbani rivelano sempre una particolare attenzione alle valenze ambientali e architettoniche già presenti nel sito.
La filosofia perseguita da Michel Corajoud nei suoi progetti dei parchi urbani è l'intreccio di elementi tipici dello spazio urbano con elementi naturali del paesaggio, in un tentativo di conciliazione tra città e campagna.
Essendo di origini provenzali, egli dichiara in un’intervista che anche nei progetti dei parchi in città, fa emergere sempre il suo forte legame con la natura campestre, ad esempio attraverso l’uso di piante specifiche che si ritrovano in campagna.
Per il Parco di Sausset afferma che, sebbene l’impianto sia molto rigido e geometrico, c’è poi la natura che con le sue forme sinuose contribuisce a far tremare tali geometrie e a dare fascino alle forme rigide che lo definiscono. Esso vuole rappresentare per il paesaggista una passeggiata rurale tipica del paesaggio provenzale.


Nel suo saggio "I nove compiti necessari per una propedeutica all'apprendimento del progetto del paesaggio" in Jean-Luc Brisson, a cura di, Il giardiniere, l'artista e l'ingegnere, Parigi 2000 dice che i 9 compiti sono:

  1. mettersi in uno stato di effervescenza; 
  2. esplorare i limiti, oltrepassarli;
  3. viaggiare in tutte le direzioni;
  4. lasciare per ritornare;
  5. attraversare le scale;
  6. anticipare;
  7. difendere lo spazio aperto;
  8. lasciare aperto il progetto in corso;
  9. mantenere il controllo del progetto.

Fonti:
FRANCO ZAGARI, Questo è paesaggio. 48 definizioni, Mancosu editore.
www.jardinez.com

Il Parco di Sausset di Michel Corajoud

Il Parco di Sausset (Francia) è stato disegnato da Michel e Claire Corajoud. Il Consiglio Generale per il Dipartimento della Seine-Saint-Denis, provincia posta a nord della capitale francese, bandì nel 1992 un concorso per trasformare una vasta area agricola di 200 ettari in parco pubblico; il parco si trova tra le cittadine di Sausset, Aulnay-sous-Bois e Villepinte.






Michel e Claire Corajoud si aggiudicarono il concorso.
La committenza aveva richiesto una foresta che non richiedesse manutenzione; loro la realizzarono attingendo a tutta la cultura del paesaggio e dell'architettura, selezionando le essenze non soltanto su criteri di tipo estetico; contribuirono anche la particolare attenzione alle trasformazioni nel tempo delle essenze vegetali e la capacità di sapersi appropriare di tutti gli elementi che già compongono il paesaggio, comprese le autostrade, le linee elettriche e ferroviarie, gli edifici e le opere d'arte. Un altra intenzione dei progettisti, oltre ad incorporare gli elementi "estranei", era anche arrivare a congiungere il parco con il limitare delle zone urbanizzate. Inoltre l'attento recupero del carattere rurale del luogo ha dato adito alla proposta che tenta, tramite l'evocazione dell'immagine della campagna, una riconciliazione tra la natura e la città.
Il luogo era già caratterizzato da componenti naturalistiche: una terra fertile arricchita dalla presenza del lago di Savigny che con altri corsi d'acqua solcano l'area di progetto.


Il parco si articola in quattro parti principali, organizzate attorno alla stazione ferroviaria: nella parte nord si trova la foresta (forèt), un bosco rigoglioso le cui chiome si interrompono nell'incontro con le linee diagonali e con le regolari geometrie che disegnano il suolo;































invece i prati quadrati (prés carrés) recuperano l'ortogonalità delle coltivazioni; questa parte del parco è progettata in maniera più rigida e geometrica e definisce un vero e proprio parco urbano, in cui si alternano spazi verdi, percorsi e aree pavimentate come quella della Casa del parco e del punto di ristoro;




















il boschetto (bocage) si congiunge con l'agglomerato urbano di Villepinte. Il termine bocage indica l'organizzazione preindustriale delle campagne francesi, attraversate da siepi campestri sul limite delle proprietà. Queste siepi occupano 47 ettari del parco. Le siepi, oltre a frenare il vento e proteggere le colture, costituiscono un importante riserva per la biodiversità in quanto accolgono la vegetazione spontanea e offrono riparo a molte specie animali. Sono costituite da alberi di grandi dimensioni intrecciati spesso piantati su terrapieni. Le siepi racchiudono pascoli, prati per la fienagione e colture di antiche varietà di mais, grano, orzo e girasole. Parte del raccolto viene lasciato agli uccelli e ai piccoli roditori;










infine la prateria (vertugadin), in prossimità d'Aulnay, che circonda il bacino idrico di Savigny, in una caratterizzazione del parco pubblico con il solo uso della vegetazione, nel disegno alternato di spazi chiusi e aperti, boscati e non. La componente dell'acqua assume un carattere diverso nelle due parti in cui viene suddiviso il lago: una maggiormente progettata e artificiale (i prati quadrati), l'altra più naturalistica e selvaggia (la prateria).

















Il progettista è stato abile nel far coesistere due tipologie di parchi differenti: uno più naturalistico, quindi apparentemente meno progettato, la foresta, l'altro reso più urbano dal progetto delle diverse funzioni che servono ad un uso diverso da parte del pubblico, i prati quadrati.


Fonti:
P. NICOLIN, Dizionario dei nuovi paesaggisti, p. 83.
www.urbanistica.unipr.it
www.jardinez.com
miraorti.com

martedì 3 gennaio 2012

Herzog & de Meuron

Herzog & de Meuron è una partership guidata da cinque soci Senior: Jacques Herzog , Pierre de Meuron , Christine Binswanger , Ascan Mergenthaler e Stefan Marbach.
Jacques Herzog e Pierre de Meuron stabilirono la loro sede a Basilea nel 1978 e la partnership è cresciuta negli anni.
Un team internazionale di 24 soci e circa 300 collaboratori stanno lavorando a progetti in tutta Europa, Nord e Sud America e Asia. Sede centrale dell'azienda è Basilea con filiali ad Amburgo, Londra, Madrid e New York.
Herzog & de Meuron hanno lavorato sia su progetti di piccola scala che su larga scala. Molti dei loro progetti sono altamente riconosciuti perché opere pubbliche, stadi e musei, ma anche privati, condomini uffici e fabbriche.
Hanno ricevuto diversi premi per i loro progetti, tra cui "The Pritzker Architecture Prize" (USA) nel 2001, il "RIBA Royal Gold Medal" (UK) e il "Praemium Imperiale" (Giappone) entrambi nel 2007.
Nel progetto per il Natioal Stadium di Pechino hanno collaborato con l'artista cinese Ai Weiwei.
Jacques Herzog e Pierre de Meuron sono entrambi visiting professor presso la Harvard University, Graduate School of Design dal 1994; sono professori presso l'Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Zurigo, Dipartimento di Architettura, Città e Paesaggio, e co-fondatori dell'ETH Studio Basel - Contemporary City Institute.

venerdì 23 dicembre 2011

Stadio olimpico Pechino 2008

Si chiama National Stadium o Bird's Nest (nido d'uccello) ed è stato l'impianto più rappresentativo delle Olimpiadi di Pechino 2008, che ha ospitato le cerimonie di apertura e chiusura. L'impianto èstato disegnato dagli architetti svizzeri Herzog & de Meuron.





Lo Stadio Nazionale è situato su una collina al centro del complesso olimpico a nord di Pechino. Il principio del progetto è stato quello di sviluppare un architettura che continuerà ad essere funzionale anche in seguito ai giochi del 2008, di creare un nuovo tipo di sito urbano in grado di attrarre e generare la vita pubblica in questa parte di Pechino. 
L'impianto che si basa su una struttura di 35000 tonnellate ha ospitato 90000 spettatori. 
Guardando lo stadio da lontano si può ben distinguere, oltre alla forma arrotondata della struttura, la griglia portante dell'edificio che lo avvolge ma che sembra anche penetrarlo. Ciò che si vede da lontano come una configurazione geometrica e complessa di linee si separa in enormi componenti più precisi man mano che ci si avvicina.






Per quanto riguarda il basamento, le geometrie del plinto e lo stadio si fondono in un'unico elemento. I percorsi interni si sviluppano in un reticolo di passaggi in ardesia liscia; gli intervalli tra questi forniscono servizi per i visitatori: boschetti di bamboo, piazzette in pietra e piccoli giardini coperti. L'ingresso allo stadio è leggermente rialzato, offrendo un panorama di tutto il complesso olimpico.






L'aspetto dello spazio è pura struttura; la facciata e la struttura coincidono. Tutta la struttura è ricoperta da due strati di materiale traslucido: l'EFTE. Questo materiale, dalle prestazioni sorprendenti (una delle tante è che quando brucia non emette né fuoco né fumo) è utilizzato sia come membrana protettiva resistente agli agenti atmosferici, sia come (per la membrana interna) isolante acustico. Parte integrante della struttura è il tetto del 'nido', un guscio trasparente che consente il riflesso di fasci di luce all'esterno e protegge gli spettatori da eventuali piogge.


Dal momento che tutti i servizi (ristoranti, negozi, servizi igenici, ecc.) sono unità autonome, è in gran parte possibile fare a meno di una facciata chiusa. Questo permette la ventilazione naturale dello stadio, che è l'aspetto più importante della progettazione sostenibile dello stadio.

giovedì 22 dicembre 2011

Ricerca su "Questo è paesaggio" di Franco Zagari

Zagari sul paesaggio:
"Il paesaggio è un'entità viva e mutevole nel tempo, una sommatoria infinita di azioni individuali che interpretano e modificano un luogo assecondando o contrastando abitudini, norme, leggi. E' il compimento di un equilibrio che si forma e si scioglie, si sedimenta e si semplifica, segue disegni spontanei o visioni dispotiche, immagine eloquente della cultura materiale e del lavoro umano. Nasce, evolve e muore attraverso periodi di felice rigoglio, lunghi periodi di stasi, improvvise crisi, estasi e catastrofi. E' mosso da tradizioni, riforme, rivoluzioni e la comunità che lo vive vi si riconosce come in un testo in evoluzione perenne."  
FRANCO ZAGARI, Questo è paesaggio 48 definizioni, 2005, Mancosu editore, pag. 14                                                                                                  
Zagari sulla progettazione del paesaggio:
"[...] ogni habitat umano ha una vocazione esplicita o latente di esprimere caratteri rappresentativi." 
                                                                                                    Op. cit., pag. 23 
"Il suo fine (del progetto del paesaggio) è molto complesso. Si tratta innanzitutto di avere capacità di diagnosi, saper cioè riconoscere in un contesto quei particolari caratteri nei quali si fissi questa qualità, comprenderne la natura di valore culturale, coglierne il significato storico, le leggi evolutive, le proiezioni di futuro. Si tratta poi di partecipare all'evoluzione della consapevolezza del paesaggio nella comunità che lo vive, con una ricerca di circuiti virtuosi fra le aspirazioni di promozione economica e l'espressione dei suoi caratteri. Si tratta, infine, di saper ideare e condurre con competenza un'azione creativa conseguente, con un giusto equilibrio di utopia e realismo" 
                                                                                                                       Op. cit., pag. 24 
"Il punto di vista del progetto di paesaggio opera con la particolare capacità di cogliere o stabilire 'relazioni' fra elementi di varia natura, materiali e immateriali, piuttosto che fra 'oggetti' definiti i sé."                       
                                                                                        Op.citata, pag. 25
Zagari sulla figura del paesaggista:
"Nell'esperienza europea è una delle professioni intellettuali più duttili fra espressione artistica, conoscenza delle scienze naturali, competenza tecnica, impegno sociale, sensibilità politica."
                                                                                                                                    Op.citata, pag. 28 
"Il paesaggista ha uno spettro di lavoro molto ampio: conoscenza del territorio e dell'ambiente, comprensione delle modalità di partecipazione e di sviluppo locale, interpretazione delle necessità dei comportamenti umani, approccio sistemico alle analisi e alla pianificazione ambientale, competenze nel rapporto fra tecnologia e ambiente. Fra i suoi temi più ricorrenti vi sono giardini, parchi,passeggiate, viali e piazze, sistemi pubblici urbani del verde, di acqua, di illuminazione, di viabilità carrabile e pedonale, di arredo, ciclabili, parchi naturali, parchi archeologici, complessi sportivi, riserve, ripristino ambientale di aree degradate, spazi esterni di complessi insediativi, cave, coste, disegno paesistico di grandi infrastrutture, sistemirurali, piani paesistici... [...]"                                                  
                                                                                    Op.citata, pag. 28-29